Con l’ordinanza n. 4670/2019, depositata il 18 febbraio 2019, la Corte di cassazione torna a pronunciarsi con decisione sul licenziamento del dipendente che invece di impiegare le ore di permesso “104” nell’assistenza del familiare le dedichi invece ad attività personali, confermando come una simile condotta sia idonea a ledere definitivamente il vincolo fiduciario indispensabile alla prosecuzione del rapporto di lavoro.
“A nulla vale in proposito l’obiezione sull’illegittimità del licenziamento dovuta al fatto che il datore di lavoro sia venuto a conoscenza delle condotte illecite mediante il ricorso ai servizi dell’investigatore privato: l’ordinamento consente l’intervento del detective per il controllo di condotte extra-lavorative che risultano rilevanti ai fini del corretto adempimento delle obbligazioni del lavoratore.”
In effetti, vale la pena ricordare che lo Statuto dei Lavoratori affida il controllo sul rendimento della prestazione dei dipendenti direttamente al datore di lavoro o a persone interne all’azienda e da quest’ultimo a ciò delegate, escludendo espressamente che a tal fine possano essere incaricate guardie giurate o soggetti comunque esterni all’organizzazione dell’impresa.
Ma la norma statutaria, ribadisce la Cassazione, non può trovare applicazione con riguardo alle verifiche volte all’accertamento delle modalità di fruizione dei permessi “104”: non si tratta, infatti, di indagini aventi ad oggetto il rendimento della prestazione di lavoro, ma di accertamenti effettuati al di fuori dell’orario lavorativo e in una fase di sospensione dell’obbligazione di rendere la prestazione. In sostanza, quindi, va confermata l’utilizzabilità degli elementi acquisiti dall’azienda mediante il ricorso all’investigatore privato laddove la condotta extra-lavorativa oggetto della sorveglianza sia in grado di avere un impatto sul rapporto di lavoro.
Per comprendere la gravità di simili comportamenti, infatti, è sufficiente considerare che gli stessi costituiscono un vero e proprio abuso del diritto da parte del dipendente che, oltre a privare ingiustamente il datore di lavoro della propria prestazione, danneggia l’Inps vedendosi corrispondere dall’ente previdenziale un trattamento economico indebito.
Fonte: federprivacy.org